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Padri si diventa   versione testuale
Una nota di approfondimento sulle catechesi del Papa


Essere padri, diventare padri, che esperienza è? Quali significati, quali vissuti, quali obiettivi può avere?
 
Padri “si diventa” ancora più di quanto non si diventi madri. Le madri hanno in se stesse il progetto generativo, padri lo si diventa nel tempo e in questo cammino si è chiamati continuamente a riconfermare il proprio ruolo.
Una dimensione importante, infatti, credo sia quella di ricordare sempre che la paternità “succede”, ma è anche e soprattutto un’intenzione, una scelta, non del tutto pianificabile e prevedibile, soprattutto negli sviluppi e negli esiti possibili. E’ dunque un’esperienza che chiede impegno e necessita di continue conferme: ri-scegliere di essere padre più e più volte, in relazione alle trasformazioni che avvengono nel corso degli anni nei padri stessi e soprattutto nei figli, che crescono e chiedono padri presenti e diversi, attenti e in ascolto dei loro cambiamenti e delle differenti esigenze in essere. Padri dunque che consentono di crescere ai propri figli, non direzionando la loro crescita, ma consentendo un giusto spazio mentale, affettivo e relazionale affinché riescano a diventare grandi ed autonomi.
Una paternità saggia, davvero generativa è una paternità non tanto in ascolto di proprie aspettative, alla ricerca di conferme al proprio Sé personale, ma paternità orientata all’altro: i padri sono coloro che stanno “prima” dei figli per consentire ai figli di andare e di essere persone.
Il legame del padre col figlio è un legame etico e sociale che, guardando indietro, apre e introduce alla tradizione, al mondo dei valori, alla cultura, che consente l’ingresso del figlio nel mondo sociale, che fornisce e propone i significati necessari per comprendere e non soccombere fisicamente e psicologicamente nel mondo, nella comunità. Il legame del figlio col padre è invece un legame che guarda avanti, sensibile alla dimensione dell’aspettativa, di ciò che ancora non è, del futuro, del possibile, di qualcosa di cui coglie solo alcuni aspetti, e da cui è attirato e sfidato.
Ed è nel ruolo del padre trasmettere la possibilità di questo sguardo avanti: spesso i padri sono invece spaventati, hanno paura di lasciare che questo sguardo vaghi, scopra, si allontani, sono incerti circa l’eredità da trasmettere, bloccati dal dubbio di sbagliare, di non essere all’altezza, col rischio che il figlio si veda negata la possibilità del desiderio, della speranza, e, in qualche modo, della sua crescita umana.
Essere padri è, credo, saper dire e testimoniare al figlio che la vita ha un senso, lasciando al figlio il compito di trovare questo senso: ecco forse allora il patrimonio, il dono che il padre può lasciare in eredità al figlio nella sua avventura umana.
 
Emanuela Confalonieri,
professore associato in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione,
Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
 
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