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Il bambino come soggetto morale (Conferenza Alfonsianum, 21 marzo 2012)   versione testuale
Contemplare il bambino come soggetto morale ci obbliga a vedere nella persona che comincia a crescere, non un piccolo uomo al quale potremmo applicare tutte le osservazioni che valgono per l’adulto, riducendole alla sua misura. Considerato nella prospettiva della sua dignità morale, il bambino non è un piccolo essere umano ma un essere completo, capace di fare delle scelte che coinvolgono il suo rapporto con l’autorità da cui dipende, generalmente i suoi genitori, il rapporto con se stesso attraverso lo sperimentare la propria coscienza morale, il rapporto con Dio se vogliamo definire così la dimensione trascendente iscritta in ogni scelta morale. Mi pare che esistono due ostacoli da evitare: pensare il bambino in abstracto come una monade, colto all’infuori delle relazioni che lo vedono coinvolto; progettare su di lui e sulle sue intenzioni profonde le preoccupazioni che appartengono al mondo degli adulti. Nel contesto di queste due giornate di riflessione, penso che non esiste il rischio del secondo ostacolo menzionato, dal momento che verranno approfondite le varie tappe di maturazione della personalità del bambino, in particolare lo sviluppo della sua coscienza morale. Invece, è compito mio evitare il primo ostacolo che lo ridurrebbe a un puro individuo. Il mio approccio quindi sarà antropologico nel senso ampio della parola, e cioè antropologico e teologico. Considereremo il bambino nella trama delle relazioni originarie che lo vedono aprirsi poco a poco alle scelte specifiche della vita umana e alla scoperta della propria dignità.
 
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