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Un referendum tra «paura e intimidazione»   versione testuale
Alcuni parlamentari europei hanno denunciato pubblicamente numerose irregolarità registrate nel corso della campagna elettorale per il referendum irlandese sul matrimonio per tutti


L’ integrità del referendum irlandese volto a far sposare l’una con l’altra “due persone”, a prescindere dal loro sesso, è stata seriamente compromessa. Lo sostengono alcuni deputati europei in una lettera aperta al Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, dove elencano le violazioni riscontrate nel referendum di questo 22 maggio, diretto a modificare la Costituzione del paese.
 
I firmatari hanno infatti riscontrato come tutti i partiti politici irlandesi, finanziati con soldi pubblici, abbiano partecipato attivamente a favore del sì referendario, minacciando di espulsione chiunque dei loro membri non seguisse la linea tracciata dai capi-partito. Viene anche denunciata un’azione imparziale dei media (contraria a una sentenza della Corte Suprema d’Irlanda che li vincolava a un giusto 50/50), che non ha permesso a entrambi gli schieramenti di godere dello stesso spazio comunicativo, privilegiando la parte favorevole alla ridefinizione giuridica del matrimonio. Si rileva poi l’intervento delle multinazionali operanti in Irlanda, che hanno spinto, «sotto una velata minaccia non difficile da individuare», le proprie migliaia di dipendenti a votare sì, oltre che a fare propaganda sui social media. Ma i parlamentari europei hanno anche denunciato l’ingerenza di un miliardario straniero che ha utilizzato milioni di dollari a sostegno del matrimonio per tutti, denaro illegale secondo la legge elettorale irlandese, in questo caso assolutamente non fatta rispettare dal governo. Infine, anche la polizia, che in Irlanda si occupa di garantire l’integrità dei seggi e del conteggio dei voti, sembra abbia utilizzato soldi statali per sostenere il Sì.
Purtroppo, pertanto, affermano i firmatari della lettera, «un clima di paura e intimidazione ha pervaso tutta la campagna referendaria, creando condizioni elettorali lontane dall’essere “libere e giuste”».
 
 
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