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Il matrimonio, "cura" contro la povertà?   versione testuale
Una ricerca conferma che nelle famiglie tradizionali il tasso di povertà è inferiore


Matrimonio e povertà sono correlati. A dimostrarlo, a fronte della crescente disuguaglianza negli Stati Uniti così come in Europa, uno studio condotto da Melissa Kearney e Philipp Levine per il National Bureau of Economic Research intitolato “Income inequality and early non-marital childbearing: an economic exploration of the culture of despair”.
 
L’esempio più evidente riguarda il numero di famiglie monoparentali. Rispetto a chi è sposato, questa variabile determina minori entrate economiche, e se nel 1970 il numero di bambini che vivevano in queste circostanze si muoveva leggermente al di sopra del 10%, attualmente arriva al 30%. Il numero di bambini nati fuori dal matrimonio negli Stati Uniti è passato dal 10% al 40% tra il 1970 e il 2013. Tra i neri, il tasso è più alto e supera il 70%, tra gli ispanici poco più del 50%. Tra le coppie sposate, il tasso di povertà è del 3%; tra le famiglie monoparentali, i livelli raggiungono il 22%.
Nel 1980, quattro figli su cinque nascevano all’interno di un matrimonio. Oggi, questo tasso è sceso dall’80% al 60%. Tuttavia, nel caso di un bambino nato all’interno di un matrimonio, il tasso medio di povertà è del 6%, rispetto al 37% delle famiglie monoparentali. Questo differenziale di 82% rivela insomma che il declino del matrimonio è stato accompagnato da un incremento della povertà.
 
 
 
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